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Rama l'antibarbaro

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Di Gjergji KAJANA

I politici albanesi bisogna vederli intervistati spesso dagli giornalisti stranieri. Non perché quelli albanesi non sono abbastanza bravi ma perché di fronte a quelli stranieri, che sono più diretti, devono poter dimostrare di poter essere all’altezza di una platea che non è solo albanese e alla quale devono presentarsi per la prima volta. Così, dopo l’apparizione su “Hardtalk” di Berisha (2008) e di Rama (2013), ecco l’attuale premier albanese alle “Invasioni barbariche” di Daria Bignardi. E’ il programma dove un anno fa Renzi praticamente sdoganò Letta da Palazzo Chigi invitandolo a “stare sereno”. Questa volta Rama ha fatto l’albanese antibarbaro alle “Invasioni” e ha fatto capire agli italiani che l’hanno seguito in TV che possono stare sereni: l’Albania non è più una nazione problematica per Roma e l’Europa, anzi sta diventando la nuova “Isola dei famosi” delle star italiane. Gli albanesi in Italia sono stati seguiti per tanti anni da una valutazione negativa, ma negli ultimi anni sui media italiani questa valutazione sta cambiando grazie alla raggiunta integrazione della seconda generazione degli immigrati e alla forte immissione di studenti universitari spessissimo eccellenti.

Rama dovrebbe apparire più rassicurante di Berisha  ai media stranieri. Ha una parlata più tranquilla, scandisce le parole come se fosse in un consiglio di facoltà invece che in un comizio, cosa che non succede con Berisha. Rama segue le domande degli intervistatori con il suo solito sorriso tra l’ironico e il divertito e si prende una brevissima pausa prima di rispondere, cosa che l’aiuta ad essere più logico nelle risposte del predecessore, sempre motivato dalla fretta dialettica di affermare velocemente il proprio ragionamento. E’ definitivamente anche un altro tipo psicologico di albanese rispetto all’irruente Berisha. Ed è un tipo di albanese che fa fare al nostro paese una figura migliore di fronte agli spettatori internazionali perché meno balcanico di Berisha e più affine alla loro razionalità.

Alle “Invasioni” il premier ha potuto rinnovare l’invito agli imprenditori italiani di investire in un paese dove non ci sono i sindacati e le tasse sul profitto sono solo al 15%. Non ha fatto il premier tecnico (in effetti lo è poco: preferisce sempre spiegare i programmi a grandi linee invece che essere più professorale), non ha snocciolato cifre sulla crescita economica e l’attività imprenditoriale a Tirana e dintorni, ha detto invece che gli italiani stanno già invadendo economicamente il nostro paese, segno che questi si è normalizzato. Stoccata inattesa (ma meritata) al populista Grillo (il comico che fa cattiva politica) e toni morbidi anche quando gli è stato ricordato il pestaggio subito nel 1997 e i difficili rapporti con gli avversari politici. Un errore di grammatica (“barbaria” invece di “barbarie” quando si è parlato dell’ISIS), un errore di geografia (Adriatico invece del Mediterraneo) quando si sono menzionate le migrazioni tragiche dall’Africa verso l’Europa. Laddove un politico più tecnico avrebbe detto che l’UE oggi soffre più che mai della “fatica da allargamento”, Rama ha detto che l’Europa non deve avere paura di allargarsi e non deve cedere ai nuovi populisti europei. E’ questo un messaggio dovuto dal premier di un paese che può modernizzarsi solo se segue le orme dell’Occidente e al quale non conviene che l’Unione si sfasci proprio mentre esso si avvicina. Facendo il promoter delle eccellenze universitarie albanesi in Italia (le quali deve prendere la briga di incontrare), Rama non ha però detto cosa intende migliorare il suo governo nel sistema albanese per far integrare in massa i più meritevoli. Cosi come il fatto che ancora manca il diritto di voto per gli albanesi all’estero, sono domande queste che devono farli i Bignardi di Tirana.

Il segno che rimane dall’intervista di Edi Rama è che egli è un buon promoter dell’Albania. Nell’Italia trova un terreno fertile “in primis” perché il capitale dell’ex-Belpaese è attrato fortemente dal mercato albanese e poi perché agli italiani, un popolo uscito dalla povertà solo 60 anni fa, piacciono le storie di successo che ricordano la loro che fu. Le similitudini con Renzi sono reali e la lezione che il rottamatore di Tirana deve trarre da quello di Firenze è che per cambiare paesi in affanno serve la velocità di esecuzione. La velocità dialettica di Rama rispetto ai colleghi nazionali è indubbia (quanti politici albanesi non diventerebbero ridicoli di fronte a una intervista di 30 minuti in una lingua straniera su un canale TV straniero?), quella politica di esecuzione potrebbe diventare ancora più renziana con la lotta in corso contro l’informalità. In estate c’è la prova elettorale delle urne amministrative, mentre infuria ancora la dannosa guerra con il Presidente della Repubblica berishiano. Ah le fatiche da premier, questi si che sono barbariche per un premier antibarbaro! 


Riforma della cittadinanza e voto agli immigrati? Gli italiani dicono sì

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Il 72% è favorevole allo ius soli, l'84% farebbe votare i cittadini stranieri alle amministrative. L'8° Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale

Roma, 4 marzo 2015 –  Continuano ad aver paura dell'immigrazione, anche se non la considerano tra i primi problemi del Paese. Quando però si parla dei diritti degli immigrati regolari e dei loro figli, gli italiani sono decisamente più aperti dei loro rappresentanti in Parlamento.

L'ottavo Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa, presentato a fine febbraio alla Camera dei Deputati, riserva più di una sorpresa.

Iniziamo dalle note negative. Il 33% degli italiani, percepisce gli immigrati come un “pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone” e per il 35% sono “minaccia per l'occupazione”. Nonostante l'emergenza sbarchi, il terrorismo e la crisi, fanno però notare i ricercatori, rispetto a un anno prima, la crescita è di appena due punti. Più significativa, da 44% al 39%, la contrazione del numero di quelli che considerano gli immigrati “una risorsa per la nostra economia”.

In un anno è cresciuta di sei punti la paura di tipo “culturale”. Per il 29% degli italiani, gli immigrati costituiscono un “pericolo per la nostra cultura, la nostra identità e la nostra religione”. In modo speculare, spiega ancora il rapporto, è scesa  dal 56 al 46% la quota di persone che vede nei nuovi arrivati una "occasione di apertura per il nostro paese".

Ci sono, però, anche ottime notizie. “Alla paura dello “straniero” - scrivono i ricercatori - si affianca un’apertura generale sul piano dei diritti di cittadinanza sociale e politica. Del resto, la presenza dei “nuovi italiani” (giovani di seconda generazione) nelle scuole e la quota crescente di badanti nelle famiglie segnano i tratti di una realtà ormai strutturale del paese”.

Ecco allora che il 72% degli italiani  è favorevole a concedere la cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia. Insomma quasi tre quarti del Paese sarebbe d'accordo su quella riforma centrata sullo ius soli che da anni non riesce ad uscire dai cassetti delle commissioni per vedere finalmente la luce in Parlamento.

Non stupisce, poi, che “per la quasi totalità del campione (95%), gli immigrati, se sono regolari e pagano le tasse, è giusto che abbiano diritto all’assistenza sanitaria”. Ma è notevole che anche la partecipazione politica degli stranieri, oggi praticamente non contemplata dalla legge, venga vista in modo positivo: per l’84% è giusto che quegli stessi immigrati votino alle elezioni amministrative del comune dove abitano e per il 78% anche alle elezioni politiche.

Scarica:
Nella “terra di mezzo” fra terrore globale e paure quotidiane. 8° Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa

La devalorizzazione del Parlamento

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Di Gjergji KAJANA

L’esplosione del caso Doshi ci sta riaprendo gli occhi sulla devalorizzazione del nostro Parlamento, che si sta trasformando in una arena di battaglia verbale, fatto irrazionale per un paese pieno di problemi. La seduta del 5 marzo, la prima dopo l’espulsione dell’ex-deputato socialista dal suo ex-gruppo parlamentare e l’avvio delle indagini della Procura sulle sue accuse al Presidente del Parlamento Meta di averli ordito alle spalle un piano di assassinio, è stata una vergogna nazionale. Nel mentre all’ordine del giorno si doveva discutere, tra l’altro, anche un progetto di legge sulla vendetta di sangue, l’opposizione di Berisha e Mediu – volti ben noti alle procure della nostra repubblica – ha bloccato il podio e dato vita a un indegno spettacolo di accuse verso Meta. Gli ambasciatori occidentali, persone pratiche poco abituate a perdere il loro prezioso tempo, hanno abbandonato l’aula mentre si verificava il basso scambio di accuse di legami con la criminalità organizzata tra Meta e il deputato socialista Sterkaj da una parte e gli acerrimi oppositori Berisha, Mediu e Paloka dall'altra. Impossibilitato a intervenire durante la seduta, all’uscita il premier Rama ha definito gli ostruzionisti dell’opposizione “una banda di “politikej” “, neologismo sicuramente figlio dell’unione delle parole “politici” (“politikanë”) e “sciacalli” (“çakej”). E’ stata una vera seduta da richiamo della foresta.

Il Parlamento uscito dalle urne del 23 giugno 2013 si sta devalorizzando. Le accuse tra governo e opposizione, che raggiungono l’acme quando si attaccano Berisha da una parte e Rama e l’imprenditore Kokëdhima dall’altra, sono permanenti. L’esplosione del caso Doshi, con l’ex-deputato del PS che accusa Meta di tentativo di assassinio e Rama, Tahiri, il massimo dirigente della Polizia Didi e il Procuratore Generale Llalla di omissione di difesa nei suoi confronti come vittima del “complotto”, mette sotto i riflettori – insieme alla sua pittoresca figura di un gangster diventato legislatore - la poca consistenza etica di molti dei componenti dell’Aula, che si tirano pugni verbali dopo le sue accuse. E’ un bene per il PS che si è liberato di una persona indicata come rappresentante di spicco dell’Albania informale (qualcuno sta anche al governo, basta sfogliare Wikileaks...), ma è stato un gravissimo errore includerlo nelle liste elettorali, per lo più dopo che era stato protagonista dell’aggressione al giornalista Likmeta nel marzo 2008. Se la faccenda innescata dalle sue “rivelazioni” risulterà in una bolla di sapone, l’Albania scoprirà di essere stata per settimane ostaggio di un impudico reality show vergognoso. Il tutto avviene quando tante delle strade del paese sono piene di fango, il reddito medio non è alto, molti albanesi sono costretti da una amministrazione e sistema giudiziario inefficiente a imbarcarsi in processi per farsi riconoscere diritti acquisiti con il lavoro come le pensioni di anzianità, in Albania esiste ancora la vendetta di sangue (ma in Parlamento non si può parlare perché Berisha la fa da padrone del microfono) e la cultura rimane prevalentemente maschilista.

A preoccupare finora è l’inesistenza del confronto parlamentare sui veri problemi albanesi: la disoccupazione, il lavoro nero, la lenta e impacciata giustizia, la dovuta estensione dei diritti sociali ai poverissimi e agli incapienti, la corruzione nel sistema statale. Come si può pretendere che gli albanesi, già travagliati da tutti questi problemi esistenziali, rispettino il Parlamento se i parlamentari lo trasformano in un saloon? La maggioranza ha intaccato la procedura permettendo a Berisha di parlare in ogni momento dentro all’Aula, ma potrebbe anche intaccarla di nuovo per permettere che dopo le dovute repliche si parli anche dell’ordine del giorno. Ormai è chiaro che il PD farà ostruzionismo fino al 2017, se non boicotterà l’Aula con tutti i pretesti possibili già prima della fine della legislatura, forse spalleggiata dal suo uomo eletto Capo dello Stato nel 2012. I socialisti e i metisti ammetteranno di replicare a ogni accusa dei democratici ogni volta che essa si materializza dal podio? L’Albania onesta di fronte alle TV deve aspettare che il PD finisca di memorizzare un corso di democrazia politica? È indubbio che ai berishiani conviene l’anarchia parlamentare, da dove può sempre spuntare un incidente che li richiami in piazza per denunciare Rama e Meta come usurpatori del potere albanese e meritevoli di essere abbattuti dal popolo in rivolta. L’anarchia non conviene agli albanesi, che hanno votato i parlamentari per lenire le loro sofferenze e non offrirgli gratuite sedute da zoo umano in rivolta.

Politica e questione morale in Albania

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Un paese poverissimo durante tutti gli anni ’90, l’Albania ha visto allora arricchirsi velocemente molti disonesti e criminali comuni, persone non inquisite da un sistema di giustizia indipendente solo sulla carta. Il fatto che alcuni di loro sono parte legislativa di una maggioranza eletta con un programma base di rivincita dell’Albania formale dimostra che la lotta contro l’informalità sarà molto lunga e molto complessa
Di Gjergji KAJANA

L’attenzione pubblica albanese rimane ancora molto concentrata sul caso giudiziario di Doshi, l’ex-deputato socialista che ha accusato il Presidente del Parlamento Meta di avere ordito contro di lui ed il deputato del PD Fufi un piano di assassinio, rimasto solo in tentativo. L’esplosione dello scandalo – sul quale la Procura nazionale sta indagando celermente – rimette sotto i riflettori una questione irrisolta albanese: la questione morale, che al momento consiste molto nella presenza in Parlamento di deputati dall’oscuro passato criminale. Uno dei protagonisti citati da Doshi e chiamato a deporre dalla Procura è un deputato socialista, Mark Frroku, denunciato da documenti in possesso della TV ABC News come protettore di un latitante ricercato dalla Polizia di Stato albanese per traffico di stupefacenti. Aggiungendo alla rivelazione televisiva su Frroku il profilo pubblico violento di Doshi, noto aggressore fisico e verbale, gli albanesi riscoprono che a rivestire la carica di legislatore ci sono alcune persone moralmente indegne di fare le leggi.

È la seconda volta durante questa legislatura che gli albanesi fanno questa riscoperta pubblica. La prima volta fu nel luglio scorso (2014), quando il PD rese noti dei documenti che testimoniavano di un passato criminale di Ndoka, altro deputato socialista. Il PD boicottò il Parlamento per circa 6 mesi dopo che Ndoka e un altro parlamentare socialista aggredirono fisicamente il loro collega dell’opposizione Strazimiri. Da allora i democratici parlano sempre più di decriminalizzazione della politica albanese, intendendo con questa locuzione l’ineleggibilità nelle funzioni amministrative statali a tutti i livelli delle persone con la fedina penale non immacolata.  Una piattaforma in questa direzione è stata da loro resa pubblica attraverso un comunicato stampa. Il PD, però, rimane convinto che la maggioranza di Rama e Meta rimarrà sorda ai loro appelli in questo senso, chiedono le dimissioni del premier e del presidente del Parlamento pena una “primavera di proteste” e non sembra intenzionato a collaborare con la maggioranza per realizzare congiuntamente una legislazione “decriminalizzante”. Il partito di Basha e Berisha si trova sempre più sul fronte della mobilitazione permanente piazzista invece che in quella costituente legislativa, confermando l’impressione di una entità populista incapace di fare politica costruttiva.

La questione morale è un problema di tutto lo spettro politico albanese. Un paese poverissimo durante tutti gli anni ’90, l’Albania ha visto allora arricchirsi velocemente molti disonesti e criminali comuni, persone non inquisite da un sistema di giustizia indipendente solo sulla carta. Una bella massa di persone legate alla Albania informale o semplicemente parte di quella Albania si è riversata in politica per gestire direttamente i profitti illeciti e garantire la loro intoccabilità materiale. Il fatto che alcuni di loro sono parte legislativa di una maggioranza eletta con un programma base di rivincita dell’Albania formale dimostra che la lotta contro l’informalità sarà molto lunga e molto complessa. Fatto tipico delle società rese senza consistenti valori dalla diffusa situazione di povertà, è consono alle popolazioni di molte zone albanesi di accettare di essere rappresentate da persone delle attività oscure e illegali. Si parla molto del ruolo degli “uomini forti” (metafora del termine “gangster”) schierati con i vari partiti albanesi durante le campagne elettorali e il delicato processo dei conteggi postelettorali a seggi chiusi. In un paese dove lo stato legale agisce a chiazze selettive le entità politiche preferiscono molto spesso affidarsi alla protezione delle entità informali, dovendole poi dei favori postelettorali consistenti. In questo modo si affidano a esponenti del sottobosco criminale albanese seggi politici fino al Parlamento, come negli ultimi mesi rivelano gli episodi Ndoka, Doshi e Frroku – gli ultimi due poi accusati dalla Procura di falsa testimonianza nel caso del presunto piano di assassinio da Meta.

La questione morale, molto presente nella società albanese dissacrata da una transizione postcomunista anarchica, sta adesso alla porta dei partiti e del Parlamento. Non è un caso che gli USA e l’UE abbiano salutato l’espulsione di Doshi dal PS e la richiesta di arresto della Procura nei suoi confronti e di Frroku: questo è il modo per l’Albania, paese candidato di aderire all’Unione Europea, di dimostrare che nessuno sta sopra la legge. I capipartito albanesi si sono dimostrati moralmente indegni nello schierare nelle liste chiuse elettorali persone oscure e ora devono veramente impegnarsi a mettere in piedi filtri speciali interni a impedire nuove contagioni criminali, pena una disillusione degli albanesi nel buongoverno che gli viene sempre promesso e che viene prontamente smentito. Realizzare un buongoverno e buone leggi servendosi dei pregiudicati penali e morali è impresa impossibile per qualsiasi politica.

Kuqezinjtë fitojnë e i afrohen ëndrrës “Francë 2016”

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Shqipëria ka fituar me rezultatin 2-1 përballjen me Ameninë në “Elbasan Arena” të vlefshme për eliminatoret e europianit “Francë 2016” Ndeshja e cila dhuroi mjaft emocione u vendos nga Gashi dhe Mavraj, të cilët në pjesën e dytë të lojës përmbysën avantazhin fillestar të armenëve.

Ndeshja nisi keq për kuqezinjtë, të cilët pësuan gol që në minutën e tretë. Mikhtarjan, mesfushor i Borusia Dortmund “trullosi” mbrojtjen kuqezi dhe në tentativë për të pasuar topin në qendër të zonës “përfitoi” nga një pasiguri e Mavrajt i cili në vend që të largonte topin e përcolli në portën e mbrojtur nga Berisha.

Kuqezinjtë tentuan të reagonin. Ishte Ansi Agolli që me harkimet e tij nga e majta i dha mundësi, Xhakajt, Abrashit apo dhe Çikalleshit të rrezikonin seriozisht portën Armene. Kaq për pjesën e parë.

Në fraksionin e dytë të lojës, kuqezinjtë barazuan rezultatin në minutën e 73’ përmes Mavrajt, që “u fal” menjëherë nga tifozët për autogolin e pjesës së parë, ndërsa goli i Gashit gjashtë minuta më pas përmbysi rezultatin e pjesës së parë duke i dhënë fitoren Shqipërisë.

Tashmë Shqipëria është në kuotën e 7 pikëve, aq sa edhe Danimarka në krye të klasifikimit.  Në ndjekje të kuqezinjëve dhe danezëve është Portugalia me 6 pikë. Serbia dhe Armenia mbyllin klasifikimin me nga 1 pikë.

Humb jetën në një aksident rrugor Fleura Kola, vajza e ish ambasadorit në Romë

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Zi në familjen e ish ambasadorit shqiptar në Itali, Llesh Kola. Fleura, vajza e tij 29-vjeçare ka ndërruar jetë në një aksident rrugor të ndodhur gjatë mbrëmjes të së enjtes në Mullet, në aksin rrugor Elbasan-Tiranë.
Pas përplasjes me një tjetër makinë, Fleura Kola ka mbetur e bllokuar brenda automjetit. Për nxjerrjen e trupit të saj nga makina është nevojitur ndërhyrja e forcave zjarrfikëse. Fleura Kola mori dëmtime të forta në kokë të cilave nuk mundi t’i mbijetonte. 29-vjeçarja mbërriti e pajetë në spital.
Ajo udhëtonte në një makinë me gazetarin Çim Peka, që ka pësuar dëmtime të rënda në gjymtyrë, por ndodhet jashtë rrezikut për jetën. Ai u dërgua menjëherë në spitalin e Traumës ku iu nënshtrua një ndërhyrjeje kirurgjikale.

 

Udine. Shkatërrohet një rrjet shqiptar i trafikimit të kokainës

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Vite hetimesh çojnë në arrestimin dhe paditjen e dhjetëra shqiptarëve. Nga 2011, duhet të kenë siguruar rreth 10 milionë euro xhiro nga trafiku i drogës

Romë, 4 prill 2015 – Një rrjet i gjerë kriminal i përbërë nga shqiptarë dhe i specializuar në trafikun ndërkombëtar të kokainës është shkatërruar ditët e fundit nga një operacion i gjerë i drejtuar nga karabinierët e Udines në gjashtë krahina të Italisë.

Hetimet kanë nisur në tetor të vitit 2011, dhe që atëherë janë arrestuar e ndaluar 30 vetë, 24 janë paditur në gjendje të lirë, janë bërë 17 kontrolle banesash, janë sekuestruar 11 kg kokainë dhe 46.500 euro.

Sipas karabinierëve, janë kapur edhe krerët e organizatës kriminale që janë Bashkim Popa, 39 vjeç, Ermal Shaba, 27, të dy rezidentë në Villafranca Padovana dhe Arian Shkurti 37 vjeç, resident në Brescia.

Nga vitet e hetimeve është vërejtur se droga sillej nga Hollanda dhe shpërndahej në Itali, kryesisht në verilindje, por sasi të konsiderueshme çoheshin edhe në Shqipëri e Maqedoni. Vitet e trafikut të drogës duhet t’i kenë siguruar bandës një xhiro prej rreth 10 milionë eurosh.

 

 

Tanto rumore per qualcosa?

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Il caso di Frroku fa più clamore, trattandosi di un legislatore sotto processo penale in un paese UE. Si spera che il suo rumore risvegli le dormienti procure albanesi e le inculca zelo aggiuntivo nel fare il proprio lavoro di setacciare gli altri possibili Frroku, per dimostrare che anche il sistema di giustizia albanese stia imboccando con forza la volontà di normalizzarsi ed essere forte con “i forti” sotto spoglie politiche.
Di Gjergji KAJANA

A giudicarle un mese dopo, le bombastiche rivelazioni di Doshi e l’inclusione in esse del latitante in Belgio Frroku non si stanno rivelando inutili. Esse accentuano i riflettori sull’esistenza di un mondo paracriminale proprio nel Parlamento, quantitativamente la più massiccia stanza dei bottoni d’Albania. Sappiamo già dagli inizi della nostra storia postcomunista che le porte girevoli della politica albanese espellono in maggioranza dalla gestione della cosa pubblica più gli incompetenti e gli onesti invece delle loro disoneste controfigure. L’avventurosa vicenda di Mark Frroku, il comprimario dello scandalo Doshi e accusato di complicità nell’assassinio di un connazionale a Bruxelles, ci fa venire i brividi perché offre forti indizi giudiziari sulla constatazione pubblica che l’origine materiale del potere in Albania, paese candidato di entrare nell’UE, è tante volte semplicemente criminale.

L’imputato Frroku tra i personaggi cinematografici  albanesi potrebbe essere alla larga Keno, un tutore di prostitute a Salonicco magistralmente interpretato da Xhevdet Jashari nel film di Robert Budina “Agon”. Fino a una sentenza definitiva sul  processo nel quale lui è accusato di assassinio in Belgio vale per lui la presunzione di innocenza. Socialmente lui rappresenta il giovane albanese degli anni ’90 emigrato clandestino all’estero in cerca di fortuna, tradottasi in “make money” in tutti i modi con i quali aprire dei business in patria e tentare la scalata sociale, cosa riuscitagli perfettamente fino all’incriminazione pubblica di due procure, quella di Bruxelles e quella di Tirana. Quasi sicuramente non godrà più dell’immunità parlamentare almeno fino al termine di questa legislatura. È una storia politica troncata sul nascere da un tintinnio di manette che sveglia col suo forte rumore anche morale l’infelice Albania autoabituata ad un masochistico conformismo fatalista e omertoso di fronte al fatto che la cosa pubblica si trovi in tanti casi in mani improprie. Il processo penale in Belgio contro Frroku risale al 2004 e una plausibile logica porterebbe a ritenere che l’imputato è entrato nella politica albanese per avvalersi dello scudo protettivo dell’immunità parlamentare, scudo ormai a terra e imprendibile. La sua breve comparsa come leader di un partito e deputato ha costituito un disonore per lui come persona e per la politica albanese in quanto istituzione rifugio di latitanti penali.

Un paese di TV private moderne e club alla moda scintillanti di Tirana e di contadini che arano i campi pochi km più in là, di BMW e Ferrari che sfilano vicino a trattori e carri di buoi e cavalli, di ristoranti chic circondati da mendicanti, l’Albania è anche un paese con alto sviluppo di micro e macrocriminalità. Il caso Frroku non è isolato da quelli recenti di politici di non basso livello come Fatmir Kajolli e Almir Rrapo, il primo politico del partito di Mediu e condannato dalle corti di Roma e Milano e il secondo estradato negli USA con l’accusa di essere stato membro di un network di gestori della prostituzione dopo essere stato arrestato mentre lavorava nel Ministero degli Esteri. Il PD ha denunciato in Parlamento trascorsi criminali di parlamentari della maggioranza di Rama e Meta, ma in una recentissima protesta antigovernativa a Valona si fa salutare da un personaggio ex-collaboratore di noti malfattori. Però il caso di Frroku fa più clamore, trattandosi di un legislatore sotto processo penale in un paese UE. Si spera che il suo rumore risvegli le dormienti procure albanesi e le inculca zelo aggiuntivo nel fare il proprio lavoro di setacciare gli altri possibili Frroku, Kajolli e Rrapo per dimostrare che anche il sistema di giustizia albanese stia imboccando con forza la volontà di normalizzarsi ed essere forte con “i forti” sotto spoglie politiche.

Gli accadimenti intorno al caso Frroku indicano che il rumore potrebbe non durare i fatidici tre giorni, come di solito è spesso comune in Albania. Le dimissioni del massimo dirigente della Polizia, Didi, dopo l’omessa denuncia alla Procura del fascicolo belga su Frroku da Interpol Tirana (una incompetenza criminale) testimoniano un alto grado di responsabilità morale, inusuale per i direttori delle istituzioni statali albanesi. Sotto l’attacco pubblico (ma sterile, perché ripetitivo e incapace di allargare l’uditorio oltre i militanti fanatici del partito) del PD, Rama e Meta potrebbero trovarsi presto sotto quello morale della maggioranza silenziosa degli albanesi che diserterebbero le urne amministrative se la coalizione della “Rinascita” non fa pulizie ulteriori al suo interno. Non è normale che, dopo aver preso l’impegno di agire sulla decriminalizzazione della vita pubblica albanese, la maggioranza governativa non ha una proposta programmatica in quest’ambito. Nelle prossime urne amministrative molti albanesi delusi dalla politica potrebbere essere tentati di scrivere sulla scheda elettorale il nome di un ente internazionale non politico: “Interpol”.


Topi verso il gol nella “Realpolitik”

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L’incontro tra Rama e Topi non cambierà i destini albanesi, però fa respirare alla politica nazionale più normalità. Il fine ultimo dei normali colloqui rimane sempre quello di avere meno buche nelle strade e meno bunker dell’incomunicabilità, scagliandosi contro un triste declino da opposizione provinciale e con voce bassa
Di Gjergji KAJANA

L’incontro del 3 aprile tra l’ex-presidente Bamir Topi e il premier Edi Rama non cambierà i destini politici albanesi ma rimane importante nell’ottica di avvicinamento alle Amministrative del 21 giugno. In esso si è parlato di possibili punti di convergenza tra il FRD (Nuovo Spirito Democratico, il partito capeggiato da Topi) e il PS in vista del voto. La novità è il fatto che il partito nato nel 2012 come costola del PD berishiano ed in opposizione al governo accetta pragmaticamente di dialogare ufficialmente e pubblicamente con i socialisti. “Siamo tutti schifati dalle buche” ha dichiarato sorridente ai media un vecchio abitante di Tirana come Topi, riferendosi – sempre pragmaticamente – al fatto che il dialogo riguarda la collaborazione su problemi di natura comunale e che la capitale albanese conosce sfide sociali che devono essere affrontati inclusivamente dagli attori politici. Topi non sbaglia: è solo affrontando le pratiche con pragmatismo che si centra la rete in politica.

Alla vigilia delle Politiche del 2013 Rama rivolse un pubblico invito a tutti i gruppi albanesi d’opposizione (inclusi quindi il Nuovo Spirito di Topi e l’Alleanza Rossonera di Spahiu) di coalizzarsi attorno al PS per schiodare dal governo Berisha. Il FRD rifiutò sdegnato l’invito, definendolo addirittura una provocazione. Per il partito di Topi, il PS e il PD erano concausa della perenne crisi politica albanese ed avevano vergognosamente cambiato la Costituzione il 21 aprile 2008, senza neanche chiedere l’opinione dell’allora Presidente della Repubblica. La Costituzione era stata cambiata con il metodo del “Blitzkrieg” (copyright Paskal Milo), in pratica un veloce accordo tra Rama e Berisha che aveva ignorato Topi. Alle Politiche il FRD non ebbe eletto nessun deputato al Parlamento: la strategia del gareggiare da soli non aveva funzionato. In qualsiasi partito normale il leader si sarebbe dimesso e il consiglio direttivo sarebbe stato azzerato. L’Albania non è un paese normale e i suoi partiti neanchè, quindi il FRD passò all’opposizione con lo stesso organigramma direttivo al suo posto e continua a incolpare tutti e due i grandi partiti del difficile stato politico-sociale del paese. Di abbagli nella sua non breve carriera politica Topi ce li ha già offerti quando qualificò l’Albania come una “democrazia funzionale” (espressione da lui molto prediletta) e predisse l’ottenimento dello status di paese candidato all’UE in un anno nel quale la nostra richiesta venne rigettata. Era il Presidente della Repubblica che parlava con il suo silenzio. L’autunno scorso apprezzò le parole di Rama a Belgrado sul fatto che la Serbia deve accettare la realtà del Kosovo indipendente. La politica estera potrebbe costituire un buon punto d’incontro tra FRD e socialisti visto che il partito dell’ex-presidente si vede molto filoatlantico e pragmatico nel non degenerare nel nazionalismo demagogico berishiano. Il FRD ha saputo attrare una parte migliore e più “politica” del PD di Berisha, persone come Oketa e Mustafaj, i quali, pur restando – come Topi – nella vaghezza di contenuti tipica di politici cresciuti in un partito antidemocratico, esprimono una maggiore apertura mentale al dialogo politico rispetto ai devoti berishiani del loro ex-partito.

Il partito di Topi è la faccia di una destra molto più moderata di quella di Berisha e Basha, i quali, ameno di terremoti politici di grande intensità, difficilmente li vedremo dialogare con Rama all’interno di questa legislatura. Nello stesso tempo, però, l’entità dell’ex-presidente non ha il radicamento elettorale del PD e la sua consistenza elettorale, quantificata questa sempre in almeno nei 3/10 del corpo elettorale votante albanese. Giustificando il colloquio con i socialisti su una possibile collaborazione alle Amministrative il segretario generale del FRD Oketa ha affermato che il suo partito non soffre della “sindrome del provinciale” nell’affrontare il dialogo. Riconosce il semplice assioma politico che il dialogo è il sale della politica ovunque, tranne l’Albania. Per questo l’incontro tra Rama e Topi non cambierà i destini albanesi ma fa respirare alla politica nazionale più normalità. Il fine ultimo dei normali colloqui rimane sempre quello di avere meno buche nelle strade e meno bunker dell’incomunicabilità, scagliandosi contro un triste declino da opposizione provinciale e con voce bassa.

 

Pasta batte riso e cous cous, anche tra gli immigrati

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L’83% dei nuovi italiani ama il primo piatto per eccellenza in Italia, il 20% lo mangia tutti i giorni. I produttori: “È la conferma che è un prodotto globale” 

Roma, 10 aprile 2015 - Pasta che passione! Per gli italiani e anche per gli immigrati che la preferiscono su cuos cuos e riso. Sono 4,5 milioni, l’83% degli stranieri che vivono nel Belpaese, quelli che amano il famoso piatto nazionale.

A rivelare l’amore dei “nuovi italiani” per spaghetti, penne e maccheroni è la V edizione dell'Osservatorio Immigrati realizzato da Doxa per Etnocom. Il 45% degli immigrati mangia pasta 4 o più volte a settimana. Il 51% da 1 a 3 volte e solo il 5% meno di 1 volta la settimana. Il 20% la mangia addirittura tutti i giorni. Con le sue 14,5 porzioni al mese, arriva in tavola più del riso (9,5) e del cous cous (6,6).

Gli immigrati che amano la pasta sono cresciuti del 5% negli ultimi 10 anni ed è anche grazie a loro se da 20 anni a questa parte i consumi pro-capite rimangono decisamente alti, oltre 25 kg l’anno. Naturalmente i produttori esultano per questa nuova interessante fetta di mercato.

“Scoprire che la pasta è riuscita a conquistare così tante persone, provenienti anche da Paesi con culture alimentari diverse e distanti dalla nostra è una ulteriore conferma della effettiva e naturale natura globale di questo prodotto” commenta Riccardo Felicetti, presidente della sezione pasta di associazione industriali del dolce e della pasta italiani (Aidepi).

Ai tanti pregi della pasta (sana, nutriente, economica ecc.), si aggiunge anche quello che non ha controindicazioni religiose o culturali. Riesce insomma ad accontentare tutti e, considerato che risulta al primo posto tra i generi consumati dagli immigrati, più del riso e delle verdure, è evidente che non viene percepita come un alimento “straniero”.

L’Osservatorio restituisce anche una geografia dei pastaioli. Tra gli immigrati dall’Est i consumatori di pasta sono a quota 89% , seguono i latinoamericani (86%) e gli africani (80%), ultimi gli asiatici (69%). Infine, oltre alla pasta secca gli immigrati apprezzare anche la pasta fresca ripiena (consumata dal 38% del campione) e non se non hanno tempo per creare un condimento ad hoc, nessun problema: il 31% usa sughi pronti.

 

Torino. Trafik kokaine e parash të falsifikuara. Arrestohen dy persona

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Sekuestrohet rreth një kg drogë dhe 25 mijë euro në kartëmonedha të falsifikuara

Romë, 11 prill 2015 – Rreth 1 kg kokainë e pastër me vlerë rreth 40 mijë euro dhe 25 mijë euro në kartëmonedha të falsifikuara janë sekuestruar mëngjesin e të shtunës nga policia e Torinos në një apartament të lagjes Barriera Nizza. Në apartament është gjetur edhe lëndë për përzierjen e drogës e materiale të tjera të vlefshme për ndarjen e saj në doza të vogla.

Policia ka arrestuar mbajtje lëndësh narkotike me qëllim trafikimin e saj e ka paditur edhe për paratë e falsifikuara dy shtetas shqiptarë me moshë 30 e 48 vjeç, emrat e të cilëve nuk bëhen të ditur. 

L'inte(g)razione avviene anche attraverso lo sport

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Con l'approvazione da parte della Camera del cosiddetto Ius Soli sportivo, da ieri centinaia di migliaia di bambini e le loro famiglie si sentiranno un po’ meno stranieri e un po’ più parte di un tutto. Da ieri anche il nostro Paese nel suo insieme è un po’ più forte, perché estendere un diritto non tutela solo chi ne beneficia ma tutta la comunità in cui esso è inserito
Di Marco Pacciotti

Poche righe su alcuni quotidiani sportivi e ancor meno sugli altri. Questa l'attenzione dei media all'approvazione da parte della Camera del cosiddetto Ius Soli sportivo. Lo registro con lo stesso dispiacere con il quale noto invece il risalto dato alle parole indecenti di Salvini sull'accoglienza da negare a chi fugge dalla morte e al vergognoso diniego da parte di Maroni e Zaia ad accettare nelle loro regioni quote di richiedenti asilo, cosa che invece ha visto tutte le altre regioni solidali e disponibili a collaborare. Evidente che per la Lega si tratta di un cinico calcolo elettoralistico giocato sulla pelle di donne, uomini e bambini per un pugno di voti in più. Di solito ho un approccio razionale e che evita per quanto possibile di ricorrere alle categorie della morale per contrastare gli avversari politici, ma stavolta non esito a definire immorale questo atteggiamento.

Detto questo,  la bella notizia di ieri invece va secondo me fatta conoscere, negli effetti e nella storia che la determina perché è un bell'esempio di impegno e coerenza che migliorerà la qualità della vita di tante ragazzi e delle lor famiglie e che rende il nostro paese più civile e moderno, con buona pace di Lega e dei fascistoidi di varia provenienza con i quali si stanno inquadrando in tutta Italia nel tentativo di imitare la Le Pen.

La prima volta che mi trovai a discutere dello Ius Soli sportivo fu diversi anni fa in un dibattito promosso dai GD al loro campeggio nazionale estivo. Al dibattito partecipava anche Filippo Fossati allora presidente nazionale UISP, già da tempo tenacemente impegnato in questa battaglia di civiltà. Come Forum immigrazione del PD aderimmo subito.

A pochi anni di distanza Fossati è diventato deputato del PD e ha portato a compimento quella battaglia. Una coerenza importante simbolicamente, ma anche per gli effetti importanti nella vita di tanti ragazzi che fino a ieri si sentivano, anche nello sport, figli di un dio minore. Potevano giocare ma poi non partecipare, perché per molte federazioni sportive i ragazzi stranieri nati o cresciuti in Italia non erano tesserabili e quindi non potevano partecipare ai campionati come i loro amici. Una regola anacronistica e ingiusta che già in tenera età e in un contesto importante nella crescita di un ragazzo come lo sport, poneva subito l'ennesimo elemento di discriminazione e di separazione dagli altri.

Essere intervenuti per sanare questa ferita non è certo risolutivo di tutte le questioni aperte - e sono molte - che ancora ribadiscono questa "diversità" in negativo. Il voto di ieri però rappresenta un atto concreto e spero un acceleratore per altri provvedimenti decisivi nella costruzione di un paese  in cui le diversità e le culture siano messe nelle condizioni di essere valorizzate e di esprimersi concorrendo al benessere di tutta la comunità. Possiamo affermare che coesione e modernità siano stati i concetti che hanno ispirato il legislatore in questo caso. Si apre così un canale di interazione formidabile per i ragazzi e le loro famiglie, una occasione in più di condivisione all'interno di un contesto di socialità importante come è lo sport, con il suo valore educativo e formativo oltre che ludico

Da ieri centinaia di migliaia di bambini e le loro famiglie si sentiranno un po’ meno stranieri e un po’ più parte di un tutto. Da ieri anche il nostro Paese nel suo insieme è po’ più forte, perché estendere un diritto non tutela solo chi ne beneficia ma tutta la comunità in cui esso è inserito. Ne rafforza il processo reciproco di identificazione e le ragioni di partecipazione. Ieri credo che si sia fatto un passo in avanti in questa direzione, una cosa non banale quindi ma quasi ignorata questo l'unico cruccio a cui porre rimedio facendo conoscere questa cosa e discutendone. Credo che rimarremo sorpresi nello scoprire quante persone anche di altro orientamento trovino naturale quanto fatto o si sorprendano che non sia già così.

C'è ancora molto da fare, ma evitiamo di considerare questa legge come simbolica. Essa avrà invece degli effetti importanti nella quotidianità di tanti e soprattutto sarà di stimolo ad accelerare l'iter legislativo sulla cittadinanza vera e propria per i bambini nati o cresciuti in Italia. Un provvedimento che oltre il 70% degli italiani approvano in modo trasversale, segno che ancora una volta la società è avanti rispetto ai tatticismi di una certa politica.

Mi sembra proprio che i tempi siano maturi per sincronizzare l'orologio del Parlamento con quello del Paese e dare un'altra bella prova di politica, coraggiosa e lungimirante come quella data ieri.

 

Serbi-Shqipëri. Sot fjala e fundit mbi ndeshjen. Kuqezinjtë: “Duam tre pikët”

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Kuqezinjtë po luajnë sot raundin e fundit të përballjes Serbi-Shqipëri, që nisi më 14 Tetor 2014 mbi të cilën ende nuk është fjala e funditj.

Sot, nga ora tetë e mëngjesit, Gjykata e Arbitrazhit Sportiv (TAS, organi më i lartë i drejtësisë sportive) ështe mbledhur te  japë verdiktin e saj lidhur me betejën ligjore të nisur nga Federata Shqiptare e Futbollit dhe ajo Serbe, në kuadër trazirave që sollën ndërprerjen e përballjes mes dy përfaqësueseve në Beograd, të vlefshme për Grupin I të eliminatoreve të Europianit “Francë 2016”.

Burime nga Federata Shqiptare e Futbollit kanë bërë me dije se delegacioni shqiptar ndodhet në zyrat e TAS për të provuar që takimi është ndalur për shkak të hyrjes së tifozëve serbë dhe dhunës fizike të ushtruar ndaj lojtarëve shqiptarë.

Pala shqiptare, siç ka lajmëruar dhe Kreu i Federatës Shqiptare të Futbollit, Armando Duka, ka nënvizuar se kërkesa e delegacionit tonë është marrja e tre pikëve, që takojnë me rregullore dhe një argumentet që jepet është fakti i vendimit të UEFA-s për takimin Mali i Zi-Rusi, ku Rusia mori tre pikë në tavolinë, pasi portieri i saj u godit me fishekzjarrë gjatë zhvillimit të takimit eliminator në fushën e ballkanasve.

Kapiteni i kuqezinjve, Lorik Cana dhe tekniku Gianni De Biasi janë pjesë e delegacionit dhe u morën sot në pyetje si dëshmitarë, në kuadër të strategjisë mbrojtëse të avokatëve të FSHF-së.

Lorik Cana, kapiteni i përfaqësueses sonë, në një prononcim për mediat theksoi se vetëm trepikëshi është i pranueshëm, ndërsa u tregua i hapur dhe sypatrembur për një riluatje të sfidës.  “UEFA ka mbatjur dy standarde dhe kjo është për të ardhur keq. Organi kryesor i futbollit europian dhe organizuesi i këtij kompeticioni është pikërisht ajo, që nuk ka mbajtur vlerat që ajo i promovon çdo ditë, madje jep dy vendime të ndryshme për ngjarje të njëjta. Është e vërtetë që Federata ruse ka më shumë fuqi brenda organeve ndërkombëtare. Fatkeqësisht pesha e Shqipërisë nuk është në këto nivele, megjithatë kombëtarja shqiptare po rritet çdo ditë e më shumë dhe kjo bën që Shqipëria të dëgjohet më shumë. Dy ngjarjet që kanë ndodhur janë absolutisht të pakrahasueshme”, shprehet kapiteni i Kombëtares sonë të futbollit, Lorik Cana.

Tekiniku De Biasi në fjalën e tij ka theksuar se Shqipëria i meriton tre pikët për atë që ndodhi në Beograd. “Ne u sulmuam, dhunuam dhe na u hoqën tre pikë në tavolinë, ndërkohë që duhet të ishte e kundërta, pasi ata ishin organizatorët”, vlerësoi De Biazi i cili në një postim në FB thekson se ishte nisur për në Lozanë për të marrë trepikëshin e radhës.

Një ditë më parë në Lozanë ishte delegacioni serb që kërkoi trepikëshin në tavolinë ose riluajtjen e takimit, me pretendimin se acarimi tifozerisë dhe lojtarëve erdhi si pasojë e të famshmit dron që fluturoi mbi fushë.  

Tragjedi në Kanalin e Sicilisë. Mbi 700 migrantë mund të kenë humbur jetën

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Natën e shkuar, rreth 70 milje në veri të Libisë, përmbyset një peshkarexhë me 700 vetë. Janë shpëtuar vetëm 28 persona. Tragjedia e migrantëve më e rënda e të gjitha kohërave

Romë, 19 prill 2015 – Qindra persona, rreth 700 sipas dëshmitarëve, janë mbytur në natën e shkuar me përmbysjen e një anijeje në Kanalin e Sicilisë, duke shënuar tragjedinë më të rëndë të migrantëve të të gjitha kohërave.

Të ngjeshur si kafshë në një peshkarexhë rreth 30 metra të gjatë, kanë kërkuar ndihmë rreth mesnatës, ndërsa ndodheshin 70 milje në veri të Libisë. Apelit të tyre i është përgjigjur Qendra italiane e Ndihmës e Rojes Bregdetare që ka çuar në ndihmë të peshkarexhës një anije tregtare portugeze. Kur kjo e fundit ka mbërritur pranë anijes që kish kërkuar ndihmë, migrantët në kaos janë zhvendosur në njërën anë të peshkarexhës duke shkaktuar kështu përmbysjen e saj. Sipas të mbijetuarve, vetëm 28 vetë, në anije ishin rreth 700 migrantë nga vende të ndryshme: Algjeria, Egjipti, Somalia, Eritrea, Nigeria, Senegali, Mali, Zambia, Bangladeshi, Gana.

Tragjedia në Kanalin e Sicilisë. Renzi: "BE të mos na lërë vetëm, duhen ndaluar trafikantët e njerëzve"
Papa Françesku: "Komuniteti ndërkombëtar të ndërhyjë që të mos ndodhin tragjedi të tilla migrantësh"

Papa Françesku: "Komuniteti ndërkombëtar të ndërhyjë që të mos ndodhin tragjedi të tilla migrantësh"

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"Janë vëllezërit tanë që kërkojnë një jetë më të mirë, të uritur, të përndjekur, të plagosur, të shfrytëzuar, viktima luftërash ... Kërkonin lumturinë"

Romë , 20 prill 2015 - Duke u lutur të dielën për viktimat e tragjedisë së fundit në Kanalin e Sicilisë, Papa i ka kërkuar sërish botës të mos qëndrojë indiferente përballë një drame të tillë. "Shpreh dhimbjen time më të ndier përpallë një tragjedie të tillë - ka thënë Bergoglio - do të lutem për viktimat e familjet e tyre. I bëj thirrje komunitetit ndërkombëtar të ndërhyjë me vendosmëri dhe shpejt, në mënyrë që tragjedi si kjo të mos përsëriten".

"Janë burra e gra si ne - theksoi Papa - janë vëllezërit tanë që kërkojnë një jetë më të mirë, të uritur, të përndjekur, të plagosur, të shfrytëzuar, viktima luftërash që kërkojnë një jetë më të mirë... Kërkonin lumturinë..."

Tragjedi në Kanalin e Sicilisë. Mbi 700 migrantë mund të kenë humbur jetën
Tragjedia në Mesdhe. Renzi: "BE të mos na lërë vetëm, duhen ndaluar trafikantët e njerëzve"

 

Tragjedia në Mesdhe. Renzi: "BE të mos na lërë vetëm, duhen ndaluar trafikantët e njerëzve"

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Kryeministri pas masakrës së fundit kërkon mbledhjen e një Këshilli të posaçëm evropian. "Problemi i vërtetë është ai i skllavërisë së re"

Romë, 20 prill 2015 - "Ne i kërkojmë Evropës të mos na lërë vetëm, jo vetëm në trajtimin e emergjencës në det. E jona është një çështje politike, ka të bëjë me dinjitetin e njeriut. Duhet bllokuar ky trafik qeniesh njerëzore".

Kështu është shprehur të dielën kryeministri Renzi në mbyllje të mbledhjes së jashtëzakonshme të qeverisë pas mbytjes së fundit të migrantëve në Kanalin e Sicilisë. "Italia - shpjegoi ai - kërkon që të mblidhet sa më parë një Këshill Evropian i jashtëzakonshëm, sepse nuk mund të mos tregohet solidariteti që Evropa ka dëshmuar në të tjera raste".

Pasi konfirmoi se ishin shpëtuar vetëm 28 vetë dhe ishin nxjerrë 24 trupa të pajetë, ka shtuar: "Do të bëjmë atë që na takon për të varrosur me dinjitet ata që kanë humbur jetën. Do të bëjmë të pamundurën për të gjetur skafistin, t'ia dorëzojmë atë drejtësisë nuk ndryshon rrjedhën e ngjarjeve por është një akt i detyrueshëm".

"Ajo çka po bën Italia, herë në vetmi të plotë e herë në shoqëri të realiteteve të tjera ndërkombëtare - ka theksuar Renzi - është objektivisht e jashtëzakonshme dhe janë të pakonceptueshme polemikat e një pjese të vogël të politikës italiane. Kush thotë sot "sikur të mos ishte operacioni Mare Nostrum..." thotë një gjë që nuk rri as në qiell e as në tokë, Mare Nostrum është një operacion tampon". Kujt kërkon bllokimin me anije të Kanalit të Sicilisë, kryeministri i është përgjigjur se "nëse bëhet duke nxjerrë anijet në det të hapur, rrezikon të kthehet në favor të skafistëve, sepse je i detyruar të marrësh refugjatët duke ofruar kështu një shërbim taksie. Nëse me bllokim detar kihet parasysh bllokimi i nisjeve nga ana tjetër, kjo është e pamundur të bëhet në Libi në situatën e luftës civile në të cilën ndodhet".

Problemi "nuk zgjidhet duke vënë 10 anije më shumë apo më pak, aq më tepër që edhe tragjedia e sotme ndodhi në prani të anijes që do të ofronte ndihmë. Kjo dëshmon që nëse do të shkulësh të keqen me rrënjë duhet të ndërhyhet në tjetër mënyrë. Problemi i vërtetë është ai i skllavërisë së re".

Papa Françesku: "Komuniteti ndërkombëtar të ndërhyjë që të mos ndodhin tragjedi të tilla migrantësh"
Tragjedi në Kanalin e Sicilisë. Mbi 700 migrantë mund të kenë humbur jetën

 

Santanché pas tragjedisë së migrantëve: “Të fundosim anijet, si në Shqipëri”

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Deputetja e Forza Italia-s pas mbytjes së mëse 700 migrantëve në Kanalin e Sicilisë: “të fundosen anijet para se të mund të nisen në drejtim të brigjeve italiane”

Romë, 20 prill 2015 – Edhe Daniela Santanché, deputete e Forza Italia-s, ka thënë të sajën mbi tragjedinë e fundit e më të rëndën deri më sot të migrantëve në Kanalin e Sicilisë. Sipas saj, “kjo është tragjedia më e madhe e qeverisë italiane. Aksi Renzi – Alafano – Boldrini solli këtë fatkeqësi”.

Sipas saj ka vetëm një zgjidhje: “Të ngrihet aeronautika dhe marina ushtarake italiane, dhe të shkojë të fundosë anijet, siç kemi bërë në të shkuarën në Shqipëri. Nëse kjo konsiderohet një akt lufte, pak rëndësi ka. E rëndësishmë është të fundosen anijet para se të mund të nisen në drejtim të brigjeve italiane”.

E megjithëse ajo flet për fundosjen e anijeve të migrantëve para se ato të nisen nga brigjet e Afrikës veriore, këto fjalë janë shokuese të thëna pak orë pasi mëse 700 vetë (ndoshta edhe 900) kanë humbur jetën në det nga përmbysja e peshkarexhës. Janë të rënda, në veçanti, për shqiptarët, që teksa dëgjojnë parlamentaren italiane të marrë si shembull mënyrën si veproi Italia me Shqipërinë, nuk mund të mos u kthehet ndër mend Katër i Radës, e fundosur më 28 mars 1997 nga Sibilla e Marinës ushtarake italiane në kuadrin e bllokimit detar të vendosur pikërisht për t’u mbrojtur nga “pushtimi” i migrantëve shqiptarë. Humbën jetën të paktën 108 vetë.

 

Policia shqiptare ndalon në kufi mesatarisht 185 persona në ditë

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Sipas ministrisë së brendshme, ndalohen në kufi 185 shqiptarë  të cilëve u refuzohet hyrja në hapësirën Shengen nga vetë autoritetet shqiptare

Tiranë, 20 prill 2015 – Mesatarisht 185 persona të nisur drejt një vendi të zonës Shengen ndalohen në kufi, pa dalë ng Shqipëria. Shifrën e jep Ministria e Brendshme, e cila për dhjetë ditët e fundit informon se në total janë ndaluar për të udhëtuar në vendet e Bashkimit Europian 1 mijë e 850 persona.

Policia Kufitare ka nisur një operacion për ndalimin e të gjithë personave, të cilët mendohen se janë të mashtruar për marrje azili kryesisht në shtetin gjerman.

Pavarësisht thirrjeve të shpeshta të qeverisë dhe në veçanti të Ministrisë së Brendshme se nuk u jepet azil ekonomik asnjë personi nga Shqipëria në vendet e BE-së, shqiptarët gjithmonë e më shumë në shifra që progresojnë nga muaji në muaj po e kërkojë këtë azil sidomos në Gjermani, ku gjatë pritjes së përgjigjes marrin një shumë të caktuar monetare. Pavarësisht faktit se 1 në 100 raste e përfiton azilin në këto shtete, dëshira nuk po ndalet.

Forcat e policisë kufitare kanë marrë urdhra të rrepta për të ndaluar çdo kënd i cili nuk përmbush kriteret e lëvizjes. Portet shqiptare kanë qenë më së shumti qendra për lëvizje e shtetasve të cilët kanë dashur të largohen nga Shqipëria. 

Lexo edhe:
Eksodi i ri. Ndalimi në kufi i shqiptarëve
Rreth 17 mijë shqiptarë kanë kërkuar azil në BE gjatë vitit 2014
Eksodi i kuksianëve drejt Europës
Kthehen në kufi 750 shqiptarë që donin të shkonin në zonën Shengen

"Mare nostro che non sei nei cieli", la preghiera laica di Erri De Luca per i migranti

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Lo scrittore e poeta si rivolge al Mediterraneo. “Custodisci le vite, le visite cadute come foglie sul viale”

Roma, 21 aprile 2015 - “Ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste”…

Così Erri De Luca in una sua “preghiera laica” al Mediterraneo. Versi che ricordano le vittime dei viaggi della speranza, alle quali le onde del mare nostro fanno “da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte di madre e di padre prima di partire”. 

Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell'isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale
sia benedetto il tuo fondale
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte
le loro reti tra le tue creature
che tornano al mattino
con la pesca dei naufraghi salvati

Mare nostro che non sei nei cieli
all'alba sei colore del frumento
al tramonto dell'uva di vendemmia,
Ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste

Mare nostro che non sei nei cieli
tu sei più giusto della terra ferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto
Custodisci le vite, le visite cadute
come foglie sul viale
Fai da autunno per loro
da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte
di madre e padre prima di partire

Erri De Luca

Lecco. Arrestohet Indrit Taipi me 20 kg drogë, rreth 200 mijë € dhe 3 pistoleta

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Narkotrafikantit i janë gjetur kokaina e pastër dhe pistoletat shtëpi, paratë të fshehura në ndenjëset e veturës

Romë, 22 prill 2015 – Pas ndjekjesh e përgjimesh të gjata, Guardia di Finanza e Leccos ka ndaluar e më pas arrestuar sot në autostradë mes Bergamos dhe Brescias narkotrafikantin Indrit Taipi.

Në makinë i kanë gjetur të fshehura në ndenjëse kartëmonedha për një shumë prej rreth 200 mijë eurosh, që sipas financierëve, i kishte siguruar nga shitja e fundit e një sasie të konsiderueshme kokaine.

Gjatë kontrollimit të shtëpisë, shqiptarit i janë gjetur edhe paketa me kokainë të pastër për një peshë të përgjithshme prej 20 kg që e hedhur në treg do të sillte fitime për 2 milionë euro. Nga verifikimet e para duket se Taipi furnizonte me drogë me shumicë provincën e Leccos por edhe Monzën e Milanon.

Veç drogës, Taipit i janë gjetur edhe tre pistoleta, njëra prej të cilave me silenciator dhe një sasi e konsiderueshme municionesh.

Pasi ka sekuestruar paratë, kokainën dhe armët, Guardia di Finanza ka arrestuar Taipin. 

Shqiptari i Italisë
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